In nepal aumentano i rinoceronti: cento in più in 5 anni. Ma restano a rischio a causa del bracconaggio

In nepal aumentano i rinoceronti: cento in più in 5 anni. Ma restano a rischio a causa del bracconaggio


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Nell’arco di poco più di 5 anni la popolazione di rinoceronti in Nepal è aumentata di 102 esemplari. La conferma arriva dal censimento nazionale che si è svolto nei giorni scorsi nell’areale


del Paese asiatico, che comprende i parchi nazionali di Chitwan, Parsa, Bardia e Shuklaphanta, oltre ad alcune altre zone protette. I capi censiti erano 645 nel 2015, risultano 752 oggi. Si


tratta di un’ottima notizia perché il rinoceronte è una specie iconica ma purtroppo fortemente a rischio in natura: sono scomparsi da gran parte delle foreste e praterie in cui vivevano e


oggi sopravvivono tendenzialmente in nuclei isolati. A decimarli sono stati il bracconaggio e la progressiva riduzione dei loro habitat, effetto quest’ultima dell’espansione delle attività


umane (attività agricole, deforestazione, espansione dei centri urbani). La crescita del numero di esemplari, seppure in un’area circoscritta del pianeta, è di buon auspicio perché conferma


che la situazione di declino si può anche invertire, almeno per le sottofamiglie ancora esistenti. I rinoceronti asiatici sono divisi in tre specie diverse: quella indiana, quella di Giava e


quella di Sumatra: la prima è classificata come «vulnerabile» nella lista rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), le altre due sono invece in «pericolo


critico». Il piccolo miracolo nepalese è frutto di una serie di interventi di tutela che hanno visto protagonista anche l Wwf, che ha lavorato allo spostamento di esemplari da luoghi troppo


pericolosi ad aree che si erano eccessivamente svuotate, sempre in conseguenza dell’azione umana. Ma la stessa azione umana ha permesso di riscrivere una storia che sembrava già scritta. «La


crescita complessiva della popolazione di rinoceronti in Nepal — spiega Ghana Gurung, portavoce del Wwf locale — è il risultato delle attività di conservazione in corso e degli sforzi di


gestione degli habitat da parte delle aree protette, nonostante i contesti difficili degli ultimi anni». Gurung riconosce che il risultato è stato possibile, come sempre in questi casi,


grazie ad uno sforzo congiunto di organizzazioni e istituzioni: insomma, se i governi fanno la loro parte, la natura può essere aiutata. Molto resta da fare, in Asia come in Africa, e il


nemico da combattere e da battere è il bracconaggio diffuso. Non si tratta soltanto di far cessare gli abbattimenti da parte di cacciatori che si muovono da tutte le parti del mondo in cerca


di trofei, ma di frenare il florido business legato alla commercializzazione delle parti di corpo di questi maestosi animali, particolarmente richieste per la produzione di rimedi e


pseudofarmaci utilizzati dalla medicina tradizionale cinese o come semplici oggetti di status symbol. Il solo corno, ricorda Isabella Pratesi, direttore Conservazione del Wwf Italia, può


essere rivenduto al mercato nero a prezzi che superano quelli dell’oro e del platino, arrivando fino a 66 mila dollari al chilo. Per questo i bracconieri non si fermano facilmente e spesso


vanno a procacciarsi il prezioso materiale proprio nelle riserve naturali. Ecco perché Pratesi parla di «commovente impegno dei ranger nei parchi africani e asiatici», vere e proprie guardie


del corpo che devono fronteggiare assalti armati da parte di uomini pericolosi. Il censimento nepalese — il Paese si è impegnato ad effettuarlo ogni 5 anni, proprio per monitorare


l’andamento demografico della specie e valutare l’efficacia degli interventi di tutela — si è svolto dal 22 marzo al 10 aprile è stato guidato dal dipartimento per i parchi nazionali e la


conservazione della fauna selvatica del governo del Nepal, mobilitando 350 tecnici, personale vario e oltre 57 elefanti. Le stime delle popolazioni — si legge in una nota — si basano sulle


informazioni raccolte sui singoli rinoceronti, raggruppate in base a sesso, età e caratteristiche per l’identificazione dei singoli individui. Durante il conteggio sono stati raccolti anche


dati sulle condizioni dell’habitat, sulle specie invasive nell’area e sulle attività umane nella regione. 15 aprile 2021 (modifica il 15 aprile 2021 | 19:22) © RIPRODUZIONE RISERVATA