
Onu: la santa sede condanna l’uso di robot automatici in guerra - vatican news
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Mons Jurkovic a Ginevra: le armi letali automatiche rendono la guerra ancora più inumana, perché incapaci di scelte morali. Appello al dialogo e alla collaborazione. MICHELE RAVIART – CITTÀ
DEL VATICANO L’uso delle armi letali automatiche, i cosiddetti “killer robot” – che a differenza dei droni non sono controllati da remoto da un essere umano ma agiscono sulla base di
algoritmi preimpostati – renderà la guerra “ancora più inumana”, perché “qualsiasi tecnologia, per essere accettabile deve essere compatibile e coerente con la giusta concezione della
persona umana, primo fondamento della legge e dell’etica”. Così monsignor Ivan Jurkovic, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra, è intervenuto al gruppo di
discussione tra esperti dei governi sulle “LAWS – Lethal Autonomous Weapon Systems”. MACCHINE IMPOTENTI DAVANTI AI DILEMMI MORALI “Ogni intervento armato deve essere attentamente soppesato e
ogni volta si deve verificarne la legittimità, legalità e conformità con gli scopi previsti, che devono essere anch’essi sia eticamente che legalmente legittimi”, ha continuato monsignor
Jurkovic, specificando come “questi compiti stiano diventando sempre più complessi e troppi sfumati per essere affidati a delle macchine, che sono inefficaci davanti a dilemmi morali”.
MANCANZA DI FIDUCIA NELL’UOMO Al fine di creare un consenso legale e una base etica sul tema, la delegazione della Santa Sede ha chiesto di centrare la discussione sul principio di “non
contraddizione antropologica”, quando si parla di robotizzazione e “deumanizzazione” della guerra. Un’arma automatica non può essere un soggetto moralmente responsabile ed è incapace di
prendere scelte etiche più complesse di quelle fissate dalla sua programmazione, scegliendo ad esempio di colpire obiettivi civili per ottenere successi militari. In particolare, monsignor
Jurkovic ha sottolineato come l’idea di affidare alle macchine la guerra sottintenda una mancanza di fiducia nella persona umana e ribadisce che “la sicurezza internazionale e la pace si
raggiungono attraverso una cultura del dialogo e la cooperazione e non attraverso la corsa agli armamenti”.